Francoforte sul Meno, lunedì 21 giugno 2010
Ore 22.50
Chi un fantasista ce l'ha, uno in grado di fare la differenza in avanti e di cambiare il volto a qualsiasi partita, è il Portogallo. Cristiano Ronaldo è uno dei calciatori più incontenibili che ci siano al mondo; io lo preferivo alla vecchia maniera, quando giocava esterno, correndo senza sosta lungo la fascia (per lo più la destra), dribblando e crossando, tirando da lontano o saltando l'uomo per convergere verso la porta avversaria.
Negli ultimi anni la sua posizione si è andata accentrando, diventando qualcosa di simile a quella di un centravanti di ruolo; segna di più, perché si trova più spesso in posizione buona per esplodere il suo destro magnifico; rovescio della medaglia, l'onere di costruire spetta sempre di più ad altri ed è più difficile per lui liberarsi dalle marcature. CR7 è diventato CR9.
CR9 era nella lista degli incompiuti della prima giornata, nella quale lo si era visto solo una volta (ciò non ostante era stato eletto man of the match dalla FIFA), allorquando aveva colpito un clamoroso palo dalla distanza; oggi ho notato che non era mai fra i primi a festeggiare i marcatori portoghesi, non correva loro incontro per condividere una gioia collettiva; se ne stava in disparte, eroe solitario con la faccia imbronciata, bomber che non riesce a sbloccarsi; a un certo punto della ripresa dev'essersi rassegnato a tornare CR7, quello di una volta, e ha preso a divertirsi con gli assist: uno per Tiago (che ha segnato), uno per Meireles (conclusione di poco al lato). E ha preso a divertirsi sul serio: gli abbiamo rivisto il sorriso sul volto, compiaciuto delle gambe che girano, della prestazione maiuscola, delle speranze riaccese. Ha continuato a correre, a inventare, a provare a segnare, ma non come un'ossessione, un dovere, bensì come un divertimento e basta. Quando ha colpito il secondo legno di questo mondiale, sgrullando l'incrocio dei pali dalla pioggia che vi era caduta sopra, ha sorriso.
Poi, all'ottantasettesimo minuto, ci riesce: tocco di punta sul portiere in uscita, che respinge il pallone più o meno a casaccio, verso l'alto; la sfera ricade sul dorso di CR9, che non se ne accorge; gli rimane però incollata alla schiena, gli rimbalza in testa e se la trova sul piede, con la porta spalancata e i difensori protesi in un inutile tentativo di recupero: è il 6 – 0.
Ronaldo è tornato.
La goleada contro una piccola squadra è la specialità di nazionali come il Portogallo (o la Spagna); quella di oggi, contrariamente a quanto accade solitamente, è anche molto utile, perché dà ai portoghesi un vantaggio rassicurante, in termini di differenza reti, sulla Costa d'Avorio. Ammesso che Ronaldo e compagni escano sconfitti dalla sfida al Brasile, gli ivoriani dovranno sommergere di reti la Corea, per sperare nella qualificazione.
La sceneggiata di Keita ha avuto talmente tanto successo da essere riproposta anche oggi, con qualche variante dovuta all'improvvisazione dei protagonisti; a farne le spese è stato Valon Behrami, che ha lasciato i suoi in dieci contro un Cile veloce quanto portato a sprecare le occasioni da gol. A ripensarci, l'errore dell'arbitro di ieri sera è veramente grave: non solo perché ha creduto a un'abile esercizio di finzione, quanto per aver ammonito Kaka. Mi spiego: in simili circostanze, se si vuol credere che Kaka abbia davvero colpito e atterrato Keita, lo si espelle con un rosso diretto; alternativamente, non si espelle Kaka e magari si ammonisce Keita per simulazione. Il giallo a Kaka (già ammonito) non ha alcun senso, è la classica scelta pavida con cui si sbaglia sempre.
Senza l'espulsione di Behrami, siamo alle solite, non so se il Cile avrebbe avuto la meglio sulla Svizzera; che una buona difesa l'aveva già prima che arrivasse Hitzfeld, se è vero che quattro anni fa, in Germania, non prese neppure un gol: vinse il girone di cui era testa di serie la Francia (che si classificò seconda) e poi fu eliminata dall'Ucraina, ai calci di rigore, dopo un tiratissimo 0 – 0. Da oggi la difesa Svizzera vanta un nuovo record (strappato all'Italia): 558 minuti di inviolabilità della propria porta durante le fasi finali dei Mondiali. Chapeau.
Una giornata storta. A nient'altro si deve attribuire il passo falso della Spagna all'esordio. Questa era la ragionevole spiegazione di Ulisse, il mio affezionato commentatore, e di molti altri. È una spiegazione che trova un perfetto riscontro nella convincente prestazione odierna, che non ha lasciato alcuno scampo all'Honduras. Questo tuttavia non contrasta con la considerazione che spesso, agli spagnoli, sono capitate singole partite storte, a volte mezze partite, che sono risultate fatali; quattro anni fa, in vantaggio sulla Francia, si fecero rimontare da un incontenibile Ribery; l'anno scorso, superfavoriti nella Confederation Cup, persero clamorsamente la semifinale contro gli USA. Si giocasse sulla lunga distanza, in un girone all'italiana, la Spagna lo vincerebbe a mani basse; ma qui bisogna stare attenti, perché anche una singola giornata storta, quanto più si va avanti, diventa fatale.
D'altronde, pur dopo la vittoria di stasera, la qualificazione è ancora tutta da conquistare, battendo il Cile nella terza partita; i sudamericani, che potrebbero essere raggiunti anche dalla Svizzera, venderanno cara la pelle.
Sul piano del gioco, la Spagna di oggi ha convinto in pieno; cercando il pelo nell'uovo, diciamo che avrebbero potuto vincere con un margine più ampio; la differenza reti, tuttavia, non sarà decisiva come potrebbe esserlo per il Portogallo, perché vincendo gli spagnoli scavalcheranno comunque il Cile. Per il resto: difesa sicura, Casillas mai impegnato, Villa sugli scudi; sulla tre quarti sinistra, la sua posizione ideale, il numero sette è stato davvero troppo forte per Mendoza.
Inutile, nell'Honduras, sostituire Pavon con Suazo: l'attaccante del Genoa, che non è più quello di Cagliari, non ha mai impensierito Casillas, un po' per pochezza della sua squadra, un po' per scarse ispirazione e forma personali. Suazo, del resto (quello di Cagliari), era un giocatore che andava lanciato in velocità, caratteristica nella quale si dice che fosse pressoché ineguagliato; per la precisione, uno che gli tenesse testa nella corsa c'era, proprio a Cagliari, ed era un suo compagno di squadra: Edgar Alvarez, pure lui honduregno, pure lui convocato per questo mondiale.
Con oggi finisce la seconda giornata della fase a gironi: tutte le squadre hanno disputato due partite e da domani fino a venerdì si disputeranno quattro incontri quotidiani, che emetteranno tutti i verdetti; due sono le squadre già qualificate agli ottavi, Olanda e Brasile (a punteggio pieno), mentre per tre formazioni gli ottavi non sono più alla portata: Camerun (sorpresa negativa), Corea del Nord e Honduras; in cinque degli otto gironi tutte e quattro le squadre hanno ancora la possibilità di qualificarsi, almeno sulla carta: ciò lascia presupporre quattro giorni di forti emozioni.
42 reti in 16 partite risollevano un po' il morale, dopo le 25 del primo turno; la media sale da 1,5 a 2,6 gol a partita, che è superiore a quella (calcolata sulla somma di tutti gli incontri) di Germania 2006 (2,3); merito anche del risveglio dei bomber, quelli di professione (Higuain, Forlan, Fabiano, Villa) e quelli d'occasione (Tiago), autori di triplette (Higualin) e doppiette (gli altri). Fra gli altri, si sono sbloccati Donovan, Sneijder, Ronaldo e Villa, i cui gol erano attesi e sono sicuramente graditi; la rete più bella è quella di Villa che ha dato alla Spagna il vantaggio sull'Honduras; Villa è anche il secondo a sbagliare un rigore, dopo Podolski.
La squadra che mi ha convinto maggiormente, fino a questo punto, è l'Argentina; quelle più deludenti la Francia, l'Inghilterra e l'Italia (Lippi e Capello, rispetto a Domenech, hanno ancora il destino nelle proprie mani); la Costa d'Avorio, fra le migliori squadre africane, ha avuto la cattiva sorte di trovarsi in un girone di ferro; quel calcio d'angolo, allo scadere della partita col Portogallo, avrebbe davvero dovuto provare a trasformarlo.
La morte di Josè Saramago, avvenuta pochi giorni fa, è stata accompagnata da speciose polemiche; le ha alimentate, sia detto con chiarezza, un articolo apparso sull'Osservatore Romano nel quale era passata al setaccio la Weltanschauung dello scrittore portoghese, con abbondanti riferimenti al suo ateismo e al suo materialismo; curiosamente, mancava ogni riferimento alla qualità letteraria (che pure poteva essere contestata, in linea di principio) di quello che sarà ricordato come uno scrittore e non certo come un teologo o un filosofo.
La morte di una persona non deve certo indurre a una falsa stima postuma, ma negare al Premio Nobel per la letteratura il diritto di essere giudicato per la qualità di ciò che ha scritto significa strumentalizzare la circostanza per fare ciò in cui la Chiesa è maestra: apostolato.
Avrei avuto piacere, ma era pura utopia, che CR9 & Co., la nazionale del cattolicissimo Portogallo, rendesse omaggio col lutto al braccio alla memoria di un grande connazionale. Così non è stato; nemmeno la dedica di uno dei sette gol (magari per controbilanciare l'iniziativa eversiva si sarebbe potuto dedicare gli altri sei ad altrettanti santi del calendario) rifilati alla Corea del Nord. Come dicevo, pura utopia.
Portogallo – Corea del Nord 7 – 0 [Meireles, Simao, Almeida, Tiago, Liedson Ronaldo, Tiago]
Cile – Svizzera 1 – 0 [Gonzalez]
Spagna – Honduras [Villa, Villa]
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