Francoforte sul Meno, lunedì 14 giugno 2010
Non pensavo, prima di stasera, che la sconfitta in seminfinale di quattro anni fa, ai tedeschi, bruciasse ancora tanto. Pensavo che fosse stata superata o, quanto meno, che il calendario delle delusioni avesse registrato un aggiornamento due anni fa, quando Fernando Torres ha deciso la finale dell'Europeo.
A giudicare dalla telecronaca di stasera, mi riferisco a quella del terzo canale tedesco, RTL, è proprio così: la ferita è ancora aperta. Non conosco il nome di questo giornalista, ma so che se fosse stato un mio dipendente, da domani sarebbe in cerca di un nuovo impiego. Si può parlar male di qualsiasi squadra, criticarne il modo di condurre una partita, bocciare le scelte di un tecnico, ma... a fine partita. A fine primo tempo, eventualmente. La telecronaca di stasera è stata una filza infinita di “i campioni del mondo non sono quelli di quattro anni fa”, “la difesa italiana non è il fortino impenetrabile che conoscevamo”, “non giocano da campioni del mondo”, “hanno bisogno della solita fortuna italiana, che spesso durante questi tornei li assiste”; alcune di queste affermazioni, ed altre che ho sicuramente tralasciato, si possono pure condividere, ma non come pregiudizio, già nelle fasi di studio della partita; altre si possono chiosare come fesserie o luoghi comuni vagamente razzisti. Che cosa c'è dietro tutto questo? Un cocktail di ragioni: a cominciare da quella più recente, la sconfitta di quattro anni fa che un popolo intero, inconsciamente, ha vissuto come una profonda ingiustizia, la negazione del sacrosanto diritto di dare un senso compiuto al tormentone dell'estate: Berlin! Berlin! Wir fahren nach Berlin! (Berlino! Berlino! Andiamo a Berlino!)
Ma il calcio è così: nel 1990 un altro popolo intero, l'Italia, sull'ultimo scorcio della prima repubblica, era pronto ad accompagnare una delle migliori formazioni azzurre di sempre verso una finale annunciata. Errori del ct, un'uscita fuori tempo di Zenga e poca freddezza ai calci di rigore ci hanno negato quel diritto, il diritto di chi ospita la Coppa del Mondo di giocarsi la finale in casa. Finale che vinse proprio la Germania, guarda caso.
L'Italia ha giocato complessivamente abbastanza male, ma ha saputo rimontare una situazione di svantaggio, evitando una sconfitta che avrebbe complicato notevolmente il cammino verso gli ottavi. Indipendentemente dal risultato di domani, fra Nuova Zelanda e Slovacchia, abbiaamo il destino ancora saldamente ancorato ai nostri piedi, perché almeno uno di questi avversari è davvero debole (la Nuova Zelanda); l'altro è più forte, ma dovrà giocare anche col Paraguay e non potranno vincere entrambe. Se portiamo a casa altri sei punti abbiamo buone possibilità di arrivare primi nel girone, forse per qualificarci ci basta ancora meno.
Il gol subito, quello sì che è preoccupante. Cannavaro, pochi giorni fa, affermava: - Grandi campioni non ne abbiamo, ma nessuno difende come no. - Confesso che ci avevo quasi creduto. Invece il gol testimonia come certi problemi siano ancora irrisolti, tanto è simile il gol subito stasera a quello che permise all'Egito di batterci un anno fa, in Confederation Cup. Marcature inefficaci su un calcio piazzato, colpo di testa e Buffon immobile come Ottavio Bianchi durante la finale di Coppa Uefa che il suo Napoli conquistà strapazzando lo Stoccarda di Gaudino e Klinsmann.
Abbiamo costruito poco e male, ma su questo un'attenuante c'è, anzi due: 1) il pallone; 2) il campo pesante e la pioggia battente, che hanno elevato al quadrato l'effetto Jabulani. Quali squadre hanno prodotto gioco, finora? La Germania. Per il resto, ho visto più errori che gioco costruito.
Mancava Pirlo, a Montolivo darei la sufficienza. Mi è piaciuto molto Pepe,era quello di cui avevamo bisogno (un po' di pepe); ci è mancato un trequartista, forse Di Natale avrebbe potuto giocare dal principio accanto e non in sostituzione di Gilardino. Purtroppo i nomi sono questi, Baggio e Zola erano frecce all'arco di Sacchi. Cassano pensa al matrimonio e Rossi sarà al mare da qualche parte.
Poco gioco e poche occasioni, il ritornello è sempre lo stesso e rischia di rovinare un mondiale storico, il primo organizzato nel continente africano. L'Olanda ha stentato contro la Danimarca, anche se qualche sprazzo di bel gioco lo ha mostrato. L'assist di Snejider per Elia, in occasione del raddoppio, è fra i gesti più belli che si siano visti fin qui; ci si potrebbe chiedere, e non si andrebbe lontano, come sarebbe andata senza la clamorosa autorete della Danimarca; una delle poche che, nuoi regolamenti alla mano, non è proprio possibile assegnare ad alcun attaccante avversario (si ha paura di dire “autogol”, pare; paura di perdere ascolti, ammettendo che la prodezza di un attaccante è in realtà la vaccata di un difensore? Paura di provocare la morte del difensore, qualora abbia la sfortuna di provenire da un paese ad alto tasso di violenza, come accadde al colombiano Escobar dopo aver segnato un'autorete ad USA '94?); prima di allora si era vista un'Olanda più manovriera, ma la Danimarca aveva fatto vedere qualche contropiede ben orchestrato, ancorché timido.
Un errore ha deciso anche Giappone – Camerun, che complica la mia vita di pronosticatore dei Mondiali; la complica, perché sottrae al Camerun, che dovrebbe raggiungere le semifinali, tre punti fondamentali, sulla carta i più facili da guadagnare. L'errore della difesa camerunense, un cross che sorvola le teste di più difensori per arrivare all'indisturbato Honda, è del tutto simile a quello della grecia sul vantaggio coreano e a quello di portiere e difensori paraguaiani in occasione del pareggio di Daniele De Rossi.
Guardando Eto'o, oggi, mi è venuto in mmente Weah, allorquando lo vidi giocare in nazionale durante una Coppa d'Africa (la Liberia era troppo debole per qualificarsi ad un Mondiale); campioni di questo tipo, che nelle proprie squadre di club devono sgomitare per avere una maglia da titolare, adattandosi a svolgere con rigore il compito assegnato loro dall'allenatore, quello e solo quello (nel caso di Eto'o, la spalla a Milito e un supporto al centrocampo), in nazionale acquistano una nuova dimensione. Giocano fuori ruolo, vanno a recuperare palloni e ad impostare l'azione, spronano i compagni, cercano di supplire alle carenze di un collettivo di livello inferiore al loro. Hanno maggior libertà d'azione, ma anche maggiori responsabilità, più peso sulle spalle. Weah nella Liberia giocava da libero, Eto'o oggi dettava spesso il passaggio e centrocampo e provava a lanciare i compagni, provava sdoppiarsi (fra attacco e centroocampo) come fa Schevchenko nell'Ucraina, come forse vedremo fare a Drogba nella Costa d'Avorio. I Mondiali sono anche questo.
Olanda – Danimarca 2 – 0 [Agger Aut., Kuyt]
Giappone – Camerun 1 – 0 [Honda]
Italia – Paraguay 1 – 1 [Alcaraz, De Rossi]
Nessun commento:
Posta un commento