Francoforte sul Meno, martedì 22 giugno 2010
Ore 22.30
Per la prima volta nella storia della Coppa del Mondo di calcio, la nazionale ospitante non supera la fase a gironi: va detto che il Sudafrica, certo non una squadra di rango (ma di rango non erano neppure Giappone e Corea del Sud, che nel 2002 arrivarono entrambe alla fase a eliminazione diretta; i coreani raggiunsero addirittura le semifinali, al termine di un cammino accompagnato da polemiche e sospetti), è stata inserita in un girone molto difficile, per essere una testa di serie; paradossalmente l'avversario più duro, sulla carta (la Francia), è stato quello che ha opposto minor resistenza, l'unico che i Bafana Bafana siano riusciti a battere; se qualche rimpianto dev'esserci, riguarda certo la partita inaugurale, in cui i padroni di casa non sono riusciti ad amministrare il vantaggio; ad ogni modo, del girone passano il turno le squadre più forti, stando a ciò che si è visto in questi giorni.
In molti pensavano che l'incontro fra Uruguay e Messico si consumasse noiosamente fra due squadre desiderose solamente di pareggiare per accedere agli ottavi di finale; così non dev'essere stato (la tv tedesca si è collegata con Rustenburg solo per alcuni rapidi aggiornamenti e alle 18 ha trasmesso gli highlights), perché il Messico ha schierato una formazione protesa all'attacco e l'Uruguay, col tridente Cavani-Forlan-Suarez ha prodotto un buon numero di palle-gol, adando in vantaggio e portando a casa il risultato; va detto, a testimonianza di una partita “vera”, disputata con impegno da entrambi i contendenti, che il Messico aveva colpito una clamorosa traversa prima della rete di Suarez.
Queste considerazioni non possono che accrescere il rammarico e la vergogna dei francesi, che si sentivano eliminati già prima di oggi (lo avevo detto) e che invece una possibilità di redenzione l'avrebbero avuta. Domenech ha cambiato nuovamente le carte in tavola, ripescando Gorcouff e dando a Cissé una maglia da titolare, al posto di colui che l'aveva mandato a farsi fottere (Anelka, tornato a casa); a conferma dello stato di evidente confusione mentale, il ct transalpino ha nuovamente lasciato in panchina Henry ad ammuffire di tristezza; Tierry non sarà più quello di qualche anno fa, la freccia dell'Arsenal che segnava valanghe di gol e che era imprendibile in progressione, ma è un attaccante esperto, dalla tecnica sopraffina, leader vero; può (anzi deve) stare in panchina nel Barcellona di Messi e Ibra, ma non in una Francia piccola piccola come quella di questa rassegna; Domenech, lo scaramantico Domenech, che mal vedeva Trezeguet per motivi astrologici, chissà cosa avrà pensato quando ha visto il rosso sventolato dall'arbitro in faccia proprio a Gorcouff; si sarà forse chiesto se per caso la jella transalpina non passi dai “suoi”, di astri.
L'espulsione (ingiusta) ha chiuso ogni discorso, facendo da preludio al raddoppio sudafricano e ai numerosi tentativi del secondo tempo di segnare la terza rete; nella ripresa, complice lo sbilanciamento dei padroni di casa alla ricerca della goleada che avrebbe loro concesso di superare in classifica il Messico, alla Francia è riuscito almeno di segnare il gol della bandiera (l'unico dei transalpini in questo mondiale).
La sua ultima partita in nazionale Diego Armando Maradona la giocò sedici anni fa contro la Grecia, durante i mondiali americani. Finì con un sontuoso 4 – 0 e Maradona segnò la sua ultima rete con la maglia albiceleste: un'azione spettacolare, puro flipper applicato al calcio, e la corsa di Diego verso la telecamera, il suo grido rabbioso, come a dire: - Chi dice che sono finito? Sono ancora io il numero uno al mondo.
Pochi giorni dopo l'esito di un controllo antidoping spense il sogno di Diego e il motore di quella macchina da gol impressionante si inceppò: l'Argentina fu eliminata agli ottavi di finale dalla Romania.
Una nuova vittoria sui greci, con Maradona ct, regala all'albiceleste nuovi ottavi di finale, da giocarsi contro il Messico (come quattro anni fa). Con un bel turnover (fuori i marcatori delle prime due partite, Heinze e Higuain), l'Argentina è stata assai meno brillante, più lenta e prevedibile, in difficoltà nel tentativo di scardinare l'assetto difensivo iniziale della Grecia; assetto difensivo cui, col passare del tempo e l'evolversi di Nigeria – Corea, Otto Rehagel ha dovuto rinunciare, per tentare l'impresa (quasi) impossibile di battere il colosso argentino.
Un'occasione, a dir la verità, Samaras l'ha avuta, propiziata dal secondo grave errore di Demichelis (fattosi poi perdonare con la rete del vantaggio); Romero, completamente fuori posizione, non avrebbe avuto alcuna possibilità contro una conclusione nello specchio della porta.
Francamente non ho avuto l'impressione di un Milito snobbato da Maradona; di un Milito non a suo agio in questa squadra come nell'Inter sì; uscire senza aver segnato ed assistere all'apoteosi di Martin Palermo, che bagna l'esordio al Mundial con una rete, non dev'essere psicologicamente facile. La posizione di Milito, da questo incontro, non esce certo rafforzata.
Dopo il Sudafrica esce anche la Nigeria: paga le incertezze del proprio estremo difensore (anche oggi con la Corea) e la scarsa precisione (per non dire altro) sotto porta di Obafemi Martins, che ha sprecato due occasioni d'oro nel secondo tempo (incredbile la prima); la parte del leone, in questo torneo, continuano a farla le squadre sudamericane, che non hanno ancora perso; deludono le africane; fra le europee c'è un po' di tutto (dalla disfatta della Francia al punteggio pieno dell'Olanda).
Anche due anni fa i francesi furono eliminati al primo turno dell'Europeo: si trattava però di un girone davvero di ferro, con Olanda, Romania e Italia; l'umiliazione subita in questo mondiale, contro squadre che non aspirano certo al titolo finale, ricorda semmai quella patita nel 2002, allorquando i campioni d'Europa e del mondo lasciarono la competizione senza aver segnato nemmeno una rete.
Comunque vada, la Francia è già riuscita a fare peggio di noi: un solo punto (noi ne abbiamo già due), un solo gol fatto (noi ne abbiamo segnati già due), quattro subiti (noi ne abbiamo presi “soltanto” due, ma questo è un dato ancora provvisorio); se anche ci andasse male con la Slovacchia, potremo sempre dire che c'è di peggio. Lippi e Abete prendano nota.
I due gol subiti dagli Azzurri sono la metà di quelli che ha subito la Francia, è vero, ma sono anche tanti quanti ne abbiamo presi quattro anni fa in Germania: allora, fra l'altro, si trattò di una clamorosa autorete di Zaccardo e di un (meraviglioso) rigore di Zidane, assegnato per un fallo molto dubbio su Malouda. Due reti in sette partite allora, due reti quest'anno; è un dato che dobbiamo cercare di mantenere inalterato, un numero cui attaccarci con le unghie e con i denti; il problema è che le unghie sono quelle di Marchetti (non di Buffon) e i denti, anzi la dentiera, quella di Cannavaro: non il fenomeno di Berlino, ma suo nonno gemello.
Dopo giorni di freddo, di vento e di pioggia, oggi abbiamo avutto una giornata di sole; la temperatura è ancora timidamente primaverile, mi riferisco alla primavera tedesca, ma la cosa non mi dispiace; domani Till Stellino ed io partiamo per Roma, un migliaio di chilometri da macinare con l'occhio attento agli orari, soste programmate ad hoc per seguire le partite della Germania (domani sera) e l'Italia (dopodomani pomeriggio): comunque vada, sarà una bella avventura. A Till, che oggi spegne trentatré candeline, dedico questa pagina di diario.
Francia – Sudafrica 1 – 2 [Khumalo, Mphela, Malouda]
Messico - Uruguay 0 – 1 [Suarez]
Grecia – Argentina 0 – 2 [Demichelis, Palermo]
Nigeria – Corea del Sud 2 – 2 [Uche, Jung, Park, Vakubu rig.]
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