Francoforte sul Meno, sabato 19 giugno 2010
Ore 22.30
Dopo la vittoria dell'Olanda sul Giappone un fatto era certo: la giornata di oggi avrebbe emesso il primo verdetto del Mondiale. A decidere “quale” sono state il Camerun e la Danimarca, protagoniste di uno scontro per la sopravvivenza a tratti esaltante. Un eventuale pareggio fra le due avrebbe determinato l'automatico passaggio dell'Olanda agli ottavi; una vittoria del Camerun avrebbe estromesso i danesi dalla competizione; il successo di questi ultimi, invece, oltre ad eliminare i leoni d'Africa, garantisce il primato nel girone all'Olanda con una partita d'anticipo.
La prima squadra eliminata, dunque, è africana; questo dispiacerà un po' a tutti, danesi a parte; viene eliminata, fra l'altro, una nazionale che, in passato, è stata protagonista di episodi significativi. Correva l'anno 1990 e allo Stadio Giuseppe Meazza di Milano si giocava la partita inaugurale della rassegna; in campo l'Argentina di Maradona (fino al 2002 la partita inaugurale l'hanno sempre disputata i campioni in carica, dal 2006 la squadra ospitante) contro i Leoni Indomabili, vittima predestinata; sulla carta, perché con un poderoso stacco di testa, Omam-Biyik trafisse l'incerto Pumpido e incrinò le certezze degli argentini. La rete, inattesa valse il successo al Camerun, che sorprese tutti raggiungendo i quarti di finale, dove fu eliminato dall'Inghilterra al termine dell'incontro più bello di quell'edizione.
Nessuna squadra africana era mai andata così avanti e quel record è tutt'ora imbattuto; lo ha eguagliato il Senegal nel 2002, eliminato ai quarti dalla Turchia (ai supplementari). Il Camerun del 1990 aveva in squadra anche Roger Milla, centravanti trenottenne che segnò quattro reti e fu tra i grandi protagonisti di quell'edizione; quattro anni più tardi lo stesso Milla scese in campo contro il Brasile, diventando il più vecchio calciatore ad aver giocato nella fase finale di una Coppa del Mondo (se in quella partita fosse sceso in campo anche Ronaldo, ci arebbe stato anche l'esordio del calciatore più giovane in assoluto).
Roger Milla e Thomas N'Kono, portiere di quel Camerun, facevano pare anche della selezione che affrontò e pareggiò contro l'Italia nel 1982, uno dei tre pareggi nel girone eliminatorio che scatenarono la stampa contro gli Azzurri; pareggi che ci permisero tuttavia di andare avanti, di crescere partita dopo partita e di andare a vincere la finale contro la Germania.
Insomma, col Camerun se ne va un pezzo di storia, oltre che un pezzo d'Africa; se ne va anche un pezzo dei miei pronostici, dato che avevo accreditato la squadra di Eto'o di una clamorosa semifinale e l'attaccante dell'Inter del titolo di capocannoniere.
Imperdonabile, per il Camerun, è stata soprattutto la sconfitta contro il Giappone; la Danimarca, questa sera, ha mostrato lacune difensive come nella partita d'esordio (imperdonabile l'errore di Poulsen che ha permesso ad Eto'o di segnare il momentaneo 1 – 0 per i camerunensi), ma anche una straordinaria facilità di andare in contropiede; abbozzi di ciò che oggi è risultato l'arma vincente, se ne erano visti già contro l'Olanda.
Rommedhal non è più un ragazzino (come molti suoi compagni di squadra), ma sulla fascia destra è stato l'arma in più per mettere in crisi la difesa del Camerun; da un attaccante navigato come Tomasson mi sarei aspettato maggiore freddezza in un paio di circostanze, che hanno mantenuto la partita aperta fino all'ultimo minuto; a Eto'o non si può muovere nessun appunto: una rete e un palo, qualità e sfortuna. Lui non tradisce quasi mai.
A giocarsi ill secondo posto nel girone, dietro a un'Olanda più concreta che bella (questa è una novità), saranno proprio la Danimarca e il Giappone, entrambe a tre punti. Al Giappone basterebbe anche il pareggio, per la miglior differenza reti. Qualora dovesse passare il turno e lo facesse andando in testa al girone, sarà l'Italia ad affrontare una di queste due squadre; io tiferò per il Giappone, sia per naturale simpatia, sia perché ritengo i danesi avversari più duri per una nazionale come la nostra.
Naturalmente agli ottavi dovremo arrivarci con le nostre forze; domani affrontiamo la Nuova Zelanda, che abbiamo già battuto un anno fa durante la preparazione alla disastrosa Confederation Cup; non fu una prestazione esaltante, come esaltante non era quella versione della nazionale lippiana. Domani affronteremo una squadra debole in assoluto, che ha nei colpi di testa la sua arma migliore: Marchetti, Cannavaro, Chiellini & Co. sono avvisati.
È più che probabile che qui in Germania il tifo sarà indirizzato verso i neozelandesi, un po' perché più deboli e quindi più simpatici, molto perché ci vogliono fuori dal Mondiale. Su internet circola il video di una canzoncina il cui ritornello recita: - Non ci importa nulla di chi vincerà la coppa, purché non sia nuovamente l'Italia.
Fra le insinuazioni avanzate dal telecronista di RTL, durante il match contro il Paraguay, c'è che siamo una squadra fortunata, che gioca male ma alla fine se la cava molto spesso. È vero che spesso giochiamo in modo poco convincente, soprattutto durante le prime partite di una competizione, ma sul fatto che siamo fortunati ho molto, moltissimo da obiettare. Negli ultimi vent'anni ci siamo sempre qualificati per la fase finale delle competizioni a cui abbiamo partecipato, tranne gli Europei del 1992: allora fu un palo di Rizzitelli, colpito nel gelo di Mosca, a negarci la qualificazione; un palo, quando sei tu a colpirlo, non è esattamente una benedizione.
Fra il 1990 e il 2002, nessuna squadra ci ha eliminato dai mondiali battendoci nei novanta minuti regolamentari: siamo usciti tre volte consecutivamente ai rigori (1990, 1994 e 1998) più una volta al golden gol (2002); considerando anche gli Europei, oltre a due deludenti eliminazioni al primo turno (1996 e 2004) vanno ricordate l'incredibile finale del 2000, pareggiata da Wiltord allo scadere del 90° e decisa da un gran golden gol di Trezeguet, e i quarti di finale del 2008, persi ai rigori contro la Francia. in entrambe le circostanze, a sudare le sette camicie per batterci furono due squadre fortissime, che si aggiudicarono il torneo. Fortuna?
Poco prima del gol di Grosso, nella semifinale del 2006, l'Italia aveva colpito due volte i legni della porta difesa da Lehmann, una con Gilardino e una con Zambrotta; più la traversa di Toni in finale fa tre, tre legni che avrebbero potuto negarci la conquista del trofeo. Fortuna?
Ma forse i tedeschi, quando parlano della fortuna italiana, si riferiscono alla benevolenza degli arbitri nei nostri confronti; dev'essere così, non c'è altra spiegazione. Nel 1994, infatti, Brizio Carter (mi pare che si chiamasse così) espulse Zola senza apparente spiegazione, durante l'ottavo di finale col Messico; Zola prese ben due giornate e il suo torneo finì lì.
2002, ancora una volta ottavi di finale: fu espulso un altra volta il nostro fantasista, stavolta Francesco Totti; ancora una volta ingiustamente, da uno dei peggiori arbitri che la storia dei mondiali ricordi: Byron Moreno (stavolta del nome sono sicuro); il quale annullò anche un golden gol regolare a Tommasi, prolungando il match fino a quello, definitivo, di Ahn. Quattro anni più tardi, sempre gli ottavi di finale: fu espulso Materazzi, ancora una volta una decisione più che discutibile; giocammo in dieci per quasi un tempo contro l'Australia di Hiddink (che quattro anni prima allenava la Corea del Sud). In finale Helizondo concesse alla Francia un rigore per un presunto atterramento di Malouda, altra scelta discutibile. Fortuna?
Lo stesso Helizondo, si dirà, mostrò anche un cartellino rosso a Zidane, che concluse il mondiale e la carriera nel peggiore dei modi, senza poter partecipare alla sfida dei tiri di rigore. Si polemizzò dicendo che fu il quarto uomo, via radio, a comunicare il fattaccio a Helizondo e questo fu usato come pretesto per una polemica. Non credo che si possa in alcun modo difendere Zidane, autore di un gesto sconsiderato, né tanto meno l'arbitro, che lo ha doverosamente sanzionato. Sugli strascichi di questo episodio ci sarebbe molto da dire: probabilmente lo farò fra qualche giorno, approfittando delle pause fra i turni della fase a eliminazione diretta.
Una cosa che ci attribuiscono i tedeschi fu la squalifica di Thorsten Frings, che non poté giocare la semifinale contro di noi; al termine del quarto di finale contro l'Argentina, ill loro Gattuso mollò un pugno a Julio Cruz, episodio che la FIFA sanzionò dopo che la RAI lo ripropose; RAI o non RAI, Frings la squalifica la meritava ed è nei compiti di un bravo giornalista scovare ciò che agli altri è sfuggito. Nel 2004 Francesco Totti fu squalificato per aver sputato a Poulsen, dopo che una tv scandinava diede rilievo alla cosa; nessuno puntò l'indice contro la tv danese, la nazionale danese, il popolo danese, ma tutti condannarono, come era giusto, il gesto di Totti.
Certamente si ricorda ciò che si vuole e la mia non è che una selezione fatta per smontare un teorema; ma io, che mi ritengo persona abbastanza obiettiva e di memoria calcistica piuttosto buona, ricordo anche gli episodi in cui le decisioni dell'arbitro ci hanno favorito: per compiere il percorso a ritroso, il rigore concesso contro l'Australia, all'ultimo minuto degli ottavi di finale di Germania 2006; lo dico onestamente: fu un regalo. Ma quale sarebbe stato il risultato, a quel punto della gara, se avessimo potuto affrontare i socceroos in undici?
A questo proposito, ai tedeschi bisognerebbe ricordare che hanno vinto una finale, nel '90, grazie a un rigore inesistente fischiato dall'arbitro a pochi minuti dalla fine.
Daniele De Rossi, due anni fa, segnò una punizione alla Francia con la complicità di una deviazione della barriera transalpina: fu una rete importante e fortunosa; fu importante e fortunosa la rete che segnò Voeller contro la Jugoslavia, a Italia '90; fu fortunosa e decisiva quella che segnò Oliver Bierhoff nella finale europea del 1996, contro la Repubblica Ceca: addirittura un golden gol.
Il palo, che svariate volte ci fu ostile (vedi sopra), graziò Pagliuca durante la finale di Pasadena, nel '94; a proposito di legni, va ricordato che ieri la Germania ha colpito una traversa nel primo tempo; per onestà di giudizio, però, va detto che ben due ne ha presi la Serbia durante la ripresa.
Di questo passo non si va va molto lontano. Potremmo far l'alba, accompagnati da buone birre tedesche, a ricordare questo e quell'episodio, senza necessariamente aggiungere nulla di significativo a quanto già detto; magari sulla questione torneremo un'altra volta, a mente lucida.
Io, che di solito non amo la stampa sportiva italiana, ho apprezzato i toni che hanno accompagnato la vigilia dell'esordio azzurro. I giornali, orgogliosamente, ricordavano che la nostra nazionale, sistematicamente bistrattata, detiene la coppa del mondo. Di fronte a un ambiente che ci tratta, nella migliore delle ipotesi, con indifferenza, era giusto ribadire le gerarchie. Legittimo tirar fuori dall'archivio le immagini, nemmeno troppo sbiadite, di Cannavaro che solleva la Coppa Fifa al cielo di Berlino. Ha ragione, Lippi, quando dice che gli dà fastidio non essere considerato tra i favoriti per la conquista del titolo. Nel novero delle pretendenti, dovremmo essere inseriti d'ufficio, come detentori, e per tradizione, perché l'Italia può anche non vincere, ma batterla è difficilissimo.
Ghana e Australia hanno pareggiato, Anelka ha lasciato il ritiro della Francia, Antonio Cassano si è sposato ed è morto Josè Saramago: di questo, non me ne voglia nessuno, parleremo un'altra volta.
Olanda – Giappone 1 – 0 [Sneijder]
Ghana – Australia [Holman, Gyan rig.]
Camerun – Danimarca 1 – 2 [Eto'o, Bendtner, Rommedahl]
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