martedì 15 giugno 2010

Un centravanti chiamato Ronaldo

Magonza, martedì 15 giugno 2010

Ore 14.44

Qualche giorno fa avevo detto che la bellezza di una partita non dipende solo dai gol; Portogallo e Costa d'Avorio, oggi, hanno offerto un esempio concreto di ciò che intendevo dire. Considerando il valore dell'avversario e l'assenza del calciatore più rappresentativo (Drgoba, solamente in panchina dopo un recupero-lampo), è la Costa d'Avorio ad avermi colpito positivamente. Ha cosstruito più degli avversari, a tratti schiacciandoli nella propria metà campo, ha costruito il maggior numero di occasioni. Nel calcio, tuttavia, non si vince mai “ai punti”, bensì sempre e solo per ko; gli ivoriani hanno vinto il duello a centrocampo, ma a sfiorare la rete è stato Ronaldo, con una prodezza dalla distanza: una fiammata improvvisa, un flash, l'imponderabile gesto di un campione che nessuna verso la quale nessuna divesa può adottare le opportune contromisure.

Fino alla tre quarti, la Costa d'Avorio è stata perfetta: in avanti ha mostrato tanta buona volontà ma poca concretezza; l'ingresso di Drogba, nei minuti finali, ha dato profondità alla squadra e aumentato la pressione ivoriana su una difesa portoghese in affanno. Ho l'impressione che gli ivoriani, fra i quali pure qualcuno ha finito la partita coi crampi, abbiano controllato la propria pressione; avessero avuto qualche minuto in più (o, per meglio dire: avessero cominciato prima a fare davvero sul serio), è probabile che sarebbero riusciti a segnare. Per parte loro, ai portoghesi non è riuscito neppure un contropiede; Luisao è rimasto isolato in attacco, Ronaldo non è mai riuscito a creare superiorità numerica saltando l'uomo; Deco ha giocato molto distante dalla porta avversaria e Danny è l'oggetto misterioso che ricordo di aver visto giocare nello Zenit. Vesto i panni del ct portoghese e mi chiedo: la nazionale lusitana ha un problema “storico”, l'assenza di un grande centravanti; negli ultimi anni i vari Joao Pinto, Nuno Gomes e soprattutto Pauleta hanno dimostrato di non essere all'altezza di una squadra tecnicamente fra le migliori del mondo. Nuno Gomes, per la verità, giocò un buon europeo nel 2000, poi intraprese la via di un lento e dignitoso declino; non fu proprio una meteora, alla Schillaci, perché né brillò mai come il Totò delle Notti Magiche, né si inabissò così rapitamente e profondamente come capitò al bomber siciliano. Ad ogni modo, torniamo al Portogallo: perché non schierare Ronaldo davanti, posizione che negli ultimi anni ha mostrato di gradire e saper interpretare egregiamente? Ha il dribbling, ha il colpo di testa, ha un tiro eccezionale e la giusta dose di egoismo per fare il centravanti: perché non sfruttare queste doti, avvicinando Deco alla tre quarti?

La maglia numero dieci a Danny sono le perle ai porci; se la merita, invece, Gervinho della Costa d'Avorio, tanta buona volontà e una giusta dose di fantasia. Kalou ha svolto il compito assegnatogli senza sbavature, ma senza la cattiveria che gli avrei voluto vedere, in assenza di Drogba. Alla fine ho avuto la netta sensazione che alla Costa d'Avorio andasse bene il pareggio: non si spiega altrimenti aver rinunciato a buttar dentro l'ultimo calcio d'angolo, a tempo scaduto.

S8 , fra Magonza e Francoforte sul Meno

Ore 23.06

Il Brasile ha vinto con un po' più di difficoltà del previsto; non tanto per la rete della Corea nel finale, dopo la quale non ci si poteva attendere un lungo recupero (è stata una partita con pochissime interruzioni), quanto per la difficoltà dei verdeoro di trovare la porta avversaria; ci sono voluti, al Brasile, più di un tempo di gioco (se così voogliamo chiamarlo) e soprattutto un errore dilettantesco del portiere nord coreano, che ha lasciato scoperto il primo palo (prima regola per un portiere: mai abbanddonare a sé stesso il primo palo), per rompere l'equilibrio dell'incontro.

Penso che più o meno tutta la critica calcistica internazionale, mentre sono sulla S-Bahn, direzione Francoforte, stia elogiando la Corea del Nord, per aver opposto stoica resistenza al Brasile ed aver addirittura alzato la testa, dimezzando lo svantaggio nel finale. Vado controcorrente e dico che, fin dai primi minuti di gara, la tattica della Corea del Sud mi è sembrata sbagliata. Masochista. Il Brasile, non nella sua miglior veste, ha giocato da par suo: ritmi bassi, passaggi cadenzati, circolazione della palla in orizzontale e qualche passaggio tentativo di affondo sulla fascia destra, portato avanti da Maicon ed Elano (gli autori delle reti, guarda caso). A questa prevedibile tattica di gioco, per come la vedo, la Corea avrebbe avuto un solo strumento da opporre: la velocità. Quando si è tecnicamente inferiori, quanto più è netta la differenza, tanto più occorre provare a colmare la lacuna con la corsa e l'agonismo. Difendere sì, ma tenendo alto il pressing e provando, nei limiti del possibile, a rompere le trame avversarie. Non so se con un atteggiamento aggressivo la Corea sarebbe riuscita a sorprendere il Brasile; il gol del finale dice poco, perché è un chiaro indice del calo di tensione dei brasiliani, che non si sarebbe mai potuto verificare nel primo tempo, men che meno con un tecnico pragmatico come Dunga.

La Corea si è difesa bene, nel primo tempo ha rischiato pochissimo, ma era chiaro che prima o poi sarebbe crollata; peccato, semmai, per come è arrivata la rete di Maicon. Anche sul piano dell'agonismo la Corea è stata carente. Nel primo tempo ho contato tre falli fatti, il primo dei quali dopo quasi quindici minuti di gioco. Il computo finale è stato (sempre se non mi sono fatto sfuggire nulla, cosa sulla quale non scommetterei) di nove falli, la maggior parte dei quali compiuti quando ormai era difficile portare a casa dei punti. Un po' più di cattiveria e qualche cartellino giallo avrebbero aiutato i coreani nella loro eroica reistenza.

A proposito di falli, il Brasile ne dovrebbe aver commessi sette, tre nel primo e quattro nel secondo tempo; spiegatemi com'è possibile finire la partita con un ammonito (Ramires), facendo solo sette falli e prendendo l'ammonizione a risultato acquisito. Ad ogni modo, sedici falli in una partita di Coppa del Mondo sono davvero pochi.

Fra i coreani mi è piaciuto il centravanti, bravo a proteggere palla, far salire la squadra e assistere i compagni, per quel che gli è stato possibile. “Bravo” rispetto a chi aveva intorno, ovviamente. Nel Brasile, impalpabili Fabiano e Kaka; Robiño, a parte qualche accenno di danza e qualche leziosità, ha inventato un assist d'oro per Elano; il gesto tecnico più bello, benché senza esito, resta una discesa sulla fascia di Bastos.

Nuova Zelanda – Slovacchia, oggi, ho cominciato a vederla dal primo minuto del secondo tempo e non credo di essermi perso granché; sono stato premiato dopo pochi minuti dalla bella combinazione Weiss-Wittek che ha portato quest'ultimoa segnare il primo, storico gol della nazionale slovacca ai mondiali. La Nuova Zelanda mi è sembrata modestissima, contro una Slovacchia brava nel giocare palla a terra ma senza acuti; Hamsik non l'ho visto mai tirare in porta, le sue qualità di fromboliere avrebbero potuto coniugarsi bene a quelle del Jabulani; l'unico merito dei neozelandesi è stato quello di provarci fino all'ultimo secondo, quello che non ha fatto la Costa d'Avorio (che non abbia a pentirsene). Due colpi di testta negli ultimi minuti, il secondo vincente, negli ultimi secondi di recupero. Fossi il ct slovacco, adesso mi preoccuperei di ricostruire il morale dei miei giocatori. Pensando all'Italia degli ultimi tempi, una raccomandazione: attenzione ai colpi di testa, sia soprattutto contro i neozelandesi, che nel gioco palla a terra sono nulli.

A proposito del pallone dei mondiali, mi scuso con lui; mi scuso per averlo chiamato impropriamente Jobulani e non, come effettivamente si chiama, Jabulani. Durante l'intervallo, nella caffetteria dell'università Gutemberg di Magonza, dalla quale ho scritto e nella quale ho guardato le partite di oggi, ho assistito a un servizio di ZDF (il secondo canale tedesco) sulle caratteristiche di questo strano pallone; lo sbraitare degli avventori disturbava la comprensione, perciò non ho potuto che godermi le immagini dei test compiuti sul pallone; mi chiedo a che cosa serva farlo calciare ad una macchina, un robot a forma di piede dotato di calzatura acconcia; in campo non vanno i robot, che si sfidano in una coppa del mondo apposita (lo giuro, di un'edizione ho visto gli highlights, ne ho una preziosa videocassetta a casa); volete testare il pallone? Chiamate CR9, dategli uno Jabulani e ditegli: - Toh, prendi, gioca, divertiti e poi dicci che ne pensi. - Mettetegli accanto Deco, Simao e quella pippa (quando ci vuole...) di Danny, campo ridotto e Buffon in porta. Vediamo che ne pensano i portoghesi e vediamo che ne pensa Buffon. Poi fate la stessa prova con dei giocatori di terza categoria, che indennizzerete con una birra e con un Jabulani speciale autografato dai portoghesi (tranne Danny) e da Buffon. Purtroppo questi ultimi vi costeranno un po' di più, ma potrete sempre cosolarvi con una consapevolezza: del mezzo milione di euro che gli avrete dato, Buffon ne devolverà un buon dieci per cento alle celebrazioni per i centocinquant'anni dell'unità d'Italia. Così avrete testato il pallone e fatto del bene a noi italiani che ancora ci crediamo, con buona pace di Calderoli.

Nuova Zelanda – Slovacchia [Wittek]

Portogallo – Costa d'Avorio 0 - 0

Brasile – Corea del Nord 2 – 1 [Maicon, Elano, Ji]

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