venerdì 11 giugno 2010

Tutti pazzi per Nelson

Francoforte sul Meno, venerdì 11 giugno 2010

I Mondiali di Nelson Mandela sono cominciati senza Nelson Mandela. Tornando dal concertone organizzato per la vigilia dell'apertura della rassegna, una tredicenne (bis)nipote del vecchio leader sudafricano è morta in un incidente sttradale. La kermesse non poteva certo fermarsi, ma Nelson sì; ne aveva il diritto e, forse, resti d'uomo tenuti insieme da una incrollabile tensione etica, ne sentiva anche un po' il dovere. Qualcosa di estremamente umano, dignitoso, genuino ha tenuto Mandela lontano dal Soccer City Stadium, qualcosa che lo ha reso ancor più protagonista oggi. Perché non ostante l'assenza fisica era come se fosse presente, nell'entusiasmo di un popolo che deve molto a lui e lo sa, nel sorriso della maggioranza nera e della minoranza bianca che, durante la cerimonia d'apertura, ha animato una cerimonia sobria e gioiosa; perché il suo vuoto non è stato riempito: mancava qualcosa e si percepiva. Vuoto che conta più del pieno, silenzio più eloquente delle parole, buio che acquista un profilo quando taglia di tetto la luce. L'assenza di Nelson Mandela, il suo lutto, era come la prima pagina bianca della Repubblica di oggi, in segno di protesta contro la legge anti intercettazioni. Bianco che parla, nero che parla.

Meglio di quello che mi aspettassi, i Bafana Bafana: avrebbero potuto battere il Messico, dopo essere passati in vantaggio e, sull' 1 – 1, aver colpito un palo a tempo quasi scaduto. Il Messico ha comininciato bene, ha mostrato la propria qualità tecnica e rapidità, ma il Sudafrica ha saputo reagire ed è stato più concreto. In due occasioni i centrali della difesa messicana si sono fatti trovare impreparati: in ritardo o comunque più lenti degli attaccanti avversari, sempre sulla stessa fascia; nella prima occasione il sinistro di Tshabalala è stato micidiale, un tracciante diretto imparabilmente all'incrocio dei pali più lontano da Perez; A Mphela, al novantesimo, è andata meno bene.
Mai, nella storia dei mondiali, la squadra di casa ha perso il primo incontro; il Sudafrica, oggi, pareggiando contro il Messico, è addirittura primo in classifica, in coabitazione con la banda dello sceriffo Aguirre. Fra i messicani mi è piaciuto Giovaanni Dos Santos, pimpante e attivo sia nel dribbling che nel tiro in porta.
Il Messico è una formazione giovane, ma per recuperare lo svantaggio Aguirre si è affidato all avecchia guardia; il sempiterno Blanco, faccia da azteco, è entrato per recuperare la partita e un altro degli anziani, Rafa Marquez, ha segnato la rete del pareggio; l'autore della prima rete messicana di questi mondiali è anche colui che, fascia da capitano al braccio, aveva segnato l'ultimo gol per i suoi durante l'edizione tedesca della rassegna, nel bellissimo ottavo di finale contro l'Argentina.

Se Messico e Sudafrica, conti alla mano, possono dire di condividere il primo posto nel girone, è anche grazie al pareggio a reti inviolate di stasera. Non ci sono paragoni, per ritmo e per emozioni, fra la partita inaugurale e un Francia – Uruguay pressoché soporifero. Domenech continua a praticare con successo il masochismo, scegliendo Anelka e Govou e lasciando in panchina Henry, capitano e anima della Francia, ma soprattutto Malouda, che ha giocato una grande stagione al Chelsea, proponendosi spesso come temibile arma offensiva.
Confesso: più che tifare per l'Uruguay, nel cui colpaccio ho sperato fino al momento dell'espulsione di Lodeiro (doppio giallo, ma sul secondo avrebbe meritato il rosso diretto), “gufavo” contro la Francia. Per varie ragioni, che credo di condividere con la maggior parte dei miei connazionali: mi è antipatico Domenech, preferisco tenere a bada la spocchia transalpina, la Francia è arrivata in Sudafrica carambolescamente.
Dico “carambolescamente” non a caso: il fallo di mano di Henry che ha propiziato il gol di Gallas nei supplementari dello spareggio di Dublino, contro l'Irlanda, ha senza dubbio indirizzato il risultato e la qualificazione in maniera decisiva, ma è un errore, non uno scandalo. Può succedere e non mi indigna che Henry o Gallas non abbiano chiesto di far annullare la rete. L'avesse fatto, lo avrei apprezzato ed elogiato, ma non mi indigna il contrario. Mi indigna, semmai, che la Francia sia stata esclusa dalle teste di serie, se su questa decisione hanno influito le polemiche successive allo spareggio. Mi indigna che una federazione, quella irlandese, abbia chiesto all'UEFA di rigiocare l'incontro, in barba a tutti i regolamenti.
Ciò non ostante la Francia non mi piace, mentre trovo simpatico l'Uruguay, anche se durante lo spareggio contro il Costa Rica tifavo per il Costa Rica, dove ero in vacanza.

Alla vigilia di ogni mondiale il portieri si lamentano per il pallone, sempre più leggero e imprevedibile di quelli a cui sono abituati. Ci ho sempre creduto a metà, a questa cosa: primo, perché sa di luogo comune, vizio a cui i calciatori sono inclini; secondo, perché il pallone è uguale per tutto, dunnque non c'è problema. D'altro canto, non mi stupisce l'idea che la Fifa, per favorire spettaolo e business, possa ritoccare lo strumento per rendere più visrtuosa la sinfonia, più ardite le traiettorie, più simili ai campioni le mezze calzette, che non mancano mai.
Durante la partita inaugurale ho visto qualche rimbalzo decisamente troppo lungo: giocatori scavalcati dal pallone che, dopo aver toccato terra, schizzava via come catturato da una oscura forza magnetica. Può darsi che col Jobulani si sia arrivati a limite oltre il quale il calcio diventa calcio da spiaggia, quello che praticavamo tutti da piccoli coi mitici supe tele e super santos. Può darsi che, dopo il mondiale sudafricano, si registri un'inversione di tendenza, un ritorno alla sobrietà, al cuoio pesante, e pazienza se un pallone colpito da Tshabalala, cui stanno appese le speranze e i sogni di un popolo, di un continente, sarà un po' meno imparabile.

Sudafrica – Messico 1 – 1 [Tshabalala, Marquez]

Francia – Uruguay 0 - 0


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