Francoforte sul Meno, mercoledì 30 giugno 2010
Ore 18.45
L'argomento più attuale, dopo gli ottavi, sono gli errori arbitrali; premetto che, nelle prime giornate, la precisione degli arbitri mi aveva colpito; le loro prestazioni sono andate calando proprio mentre la manifestazione si andava avviando verso la sua fase centrale, quella più “calda”. Arrivati a questo punto, si possono trarre alcune considerazioni di carattere generale: 1) gli errori si concentrano soprattutto in un settore: quello delle sanzioni. Non sempre vengono punite dovutamente le entrate rudi, coi piedi a martello, mentre troppo credito è dato ai simulatori; non tanto i cascatori d'area di rigore, quanto quelli che trasformano buffetti o contatti involontari in gesti di violenza inaudita, per indurre l'arbitro ad estrarre il cartellino rosso; 2) gli ottavi di finale sono stati caratterizzati da gravi sviste di altro genere: gol fantasma (Inghilterra, non dato) e gol in fuorigioco (Argentina e Spagna, dati); tre errori gravi, di cui è difficile sottovalutare il peso esercitato sull'esito delle partite durante le quali sono avvenuti; le squadre che ne hanno beneficiato, del resto, hanno tutte e tre superato il turno; bisogna ammettere, tuttavia, che tutte e tre hanno giocato meglio dei rispettivi avversari: la Germania, nel primo come nel secondo tempo, ha surclassato l'Inghilterra sul piano del gioco; l'Argentina, una volta sbloccatasi, ha legittimato la vittoria con altre due reti; la Spagna, gol a parte, ha creato più occasioni del Portogallo. C'è una differenza, in questo senso, fra l'episodio di Germania – Inghilterra e gli altri due: questi ultimi sono figli del gioco d'attacco di Argentina e Spagna, vale a dire: quanto più si cerca la porta avversaria, quanto più si staziona nei pressi dell'area di rigore, tanto più è probabile godere di una svista arbitrale in occasione di un fuorigioco più (Tevez) o meno (Villa) evidente; tanto più è probabile che un proprio attaccante subisca un fallo da rigore o che, cadendo in area, induca l'arbitro in errore. È questa la ragione principale per cui le squadre più forti sono anche quelle, solitamente, più “aiutate” dagli arbitri in questo tipo di circostanze: per un fatto meramente statistico.
Questo ragionamento non è applicabile al caso del gol fantasma di Lampard: in questo senso, il danno subito dagli inglesi è stato maggiore, ma la differenza in campo fra le due squadre è stata netta, prima e dopo l'episodio. Va anche detto che, dopo il pareggio, Capello avrebbe potuto registrare la difesa (nell'intervallo) e la storia sarebbe (forse) stata diversa.
Per ragioni diverse, visti in rapporto con la loro gravità e con l'andamento delle partite sul cui esito hanno avuto un ruolo, questi tre errori si equivalgono. Sul piano della discussione a posteriori, no.
Il problema di stabilire quando il pallone supera o meno la linea di porta è stato oggetto di animate discussioni da ben prima che io nascessi: della rete fantasma di Hurst, durante la finale del 1966, si discute ancora, senza che tedeschi e inglesi abbiano raggiunto un pacifico accordo (per me non è gol); il Milan di Sacchi, prima durante la Coppa dei Campioni del 1989, si vide negata la convalida di almeno due reti regolari, perché all'arbitro era sfuggito il dettaglio che il pallone aveva superato la linea di porta; alcuni errori di questo tipo, nel campionato italiano 1997-1998, favorirono la Juventus nella volata-scudetto con l'Inter.
Proposte per risolvere il problema ne sono state avanzate tante: moviola in campo, assistenti dell'arbitro piazzati sulla linea di porta, sensori da inserire nel pallone o nei pali, etc. Alcuni anni fa il Consiglio Nazionale delle Ricerche, su incarico della Federcalcio, portò avanti uno studio del cui dossier conservo gelosamente una copia.
L'entità dell'errore (grave) di Rosetti e Ayroldi, durante Argentina – Messico, è stata amplificata dalla situazione grottesca nella quale è avvenuto: i due protagonisti dell'accaduto si sono evidentemente resi conto, grazie al tempismo del replay sui tabelloni dello stadio, di ciò che avevano combinato; hanno tuttavia realizzato, anche sulla scorta delle esplicite minacce degli argentini (ai quali non si può certo riconoscere grande fairplay, in questo frangente), che non si sarebbe potuto far nulla per rimediare veramente: per correggere l'errore si sarebbe dovuto violare il regolamento, che impedisce al direttore di gara di servirsi del replay per modificare una decisione; Rosetti si trovava di fronte a due destini ingrati: crocifisso per non aver annullato un gol irregolare, che avrebbe probabilmente inciso sulla qualificazione, oppure cacciato per aver violato il regolamento. Dev'essersi subito reso conto, il fischietto italiano, che il suo mondiale era finito. Finito per finito, Rosetti avrebbe potuto fregarsene della legge e agire secondo giustizia (e buon senso). Se prima che si ricominci a giocare scopro che il gol non è valido, lo annullo, indipendentemente dal canale attraverso cui lo sono venuto a sapere. Questa fu, quattro anni fa, la linea adottata da Helizondo durante la finale, allorquando decise di espellere Zidane per la testata a Materazzi.
Sorprenderò tutti: non mi schiero con la Gazzetta e con chi attacca la FIFA invocando l'aggiornamento della tecnologia o del regolamento per evitare situazioni di questo tipo. “Per un calcio credibile”, dicono, salmodiando questo e altri slogan. Non mi scandalizza, Blatter, quando dice che gli arbitri non devono guardare i tabelloni; il concetto è giusto, ma è espresso male: se i tabelloni ci sono e trasmettono i replay, è ovvio che gli arbitri non possono non guardarli. Se si vuole, come è lecito volere, che gli arbitri usino solamente il proprio occhio e quello dei guardalinee (o del quarto uomo), bisogna far impedire la diffusione delle immagini sui maxischermi o quanto meno inibire la riproposizione dei replay. Mi pare, del resto, che a Italia '90 funzionasse così.
Tendenzialmente sono contrario alla moviola in campo, perché altererebbe lo svolgimento del gioco senza risolvere necessariamente le controversie. Così come sono contrario all'incremento del numero di guardalinee (o giudici di porta, nel caso di assistenti piazzati sulla linea di fondo), cosa che ne farebbe solo calare il livello medio, per forza di cose.
Sui gol fantasma si potrebbe provare ad adottare una soluzione tecnologica di altro genere, come un sensore nel pallone e/o nei pali: la risposta di un simile dispositivo, ove applicabile, avrebbe il crisma dell'oggettività e non sarebbe oggetto né di proteste estemporanee, né di ulteriori discussioni post-partita.
Laddove la FIFA ha dei doveri inderogabili, è nella formazione e nella scelta dei direttori di gara; a curarne direttamente la formazione, ovviamente, sono le federazioni nazionali, su cui la FIFA deve esercitare una adeguata sorveglianza; deve altresì promuovere la formazione degli arbitri internazionali (assieme agli organi che organizzano e controllano il calcio nei vari continenti), attraverso corsi di aggiornamento e altri strumenti di verifica e controllo; la FIFA deve impegnarso non tanto a incrementare il livello medio della classe arbitrale (cosa a cui devono pensare le federazioni nazionali), quanto a coltivarne le eccellenze; la selezione, poi, deve essere inderogabilmente condizionata da un solo elemento: il valore dell'arbitro; se gli arbitri migliori del mondo sono tutti in Europa (lo dico come pura ipotesi esemplificativa), è giusto che al mondiale arbitrino solamente gli eruopei. A voler essere troppo ecumenici, c'è il rischio di ripetere il disastro del 2002.
Ciò detto, e detto anche che la FIFA può migliorare il proprio operato, preso atto della totale mancanza di comunicazione e di strategia di Blatter (peggio di lui, quanto a comunicazione, solo Papa Ratzinger), aggiungo solo questo: il calcio sarà davvero più credibile quando avremo imparato ad accettare l'errore umano e a conviverci serenamente.