giovedì 8 luglio 2010

Italiani mammoni e zucconi

Francoforte sul Meno, giovedì 8 luglio 2010

Ore 21.00

Sulla Repubblica (il sito; il cartaceo, sul giornale cartaceo, per fortuna, mi pare di no) di oggi è apparso un commento di Vittorio Zucconi alla partita di ieri: un commento poco lucido, pieno di acredine e di frustrazione (da tifoso), che si conclude con un significativo «Chi gufa sarà gufato. La Germania resta a tre stelle», un patetico modo per consolarsi del nostro mondiale disastroso.

In un articolo tutto sommato breve, Zucconi ha modo di parlar male della partita di ieri, segnata da una «valanga di errori da una parte e dall'altra»; della Germania, cui le squadre latine (europee e sudamericane) «puntualmente [...] smontano gli ingranaggi a orologeria fino a ridurli a un mucchio di rotelline fuori posto» (mi si consenta di ricordare, come eccezione, la finale del 1990); di Gary Lineker (48 reti con la nazionale inglese, capocannoniere di Messico '86, mai un cartellino giallo in tutta la carriera), «che finì la carriera alla maniera di Cannavaro in Dubai, a raschiare gli ultimi soldi nella squadra aziendale della Toyota»; contro il povero Lineker, Zucconi vuol proprio infierire: la sua celebre frase (Football is a simple game; 22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win), pronunciata dopo la semifinale persa dagli inglesi a Italia '90, è definita «più stupida e quindi ripetuta delle battute».

Il motivo, secondo Zucconi, è che non sarebbe vero che la Germania vince sempre; ovviamente l'ex centravanti di Barcellona e Tottenham intendeva esprimere in forma iperbolica e facendo dell'ironia (più precisamente: dell'autoironia, avendo appena perso una semifinale mondiale) una sostanziale verità: difficilmente, ai grandi appuntamenti, la Germania stecca.

In una email che gli ho spedito a ora di pranzo (che ho saltato), ho ricordato a Zucconi qualche dato (oltre a quelli, lusinghieri, della carriera di Lineker: 48 reti in nazionale sono più della somma di quelle segnate da Roberto Baggio e Paolo Rossi, due che hanno vinto il pallone d'oro): in 17 edizioni dei mondiali cui ha preso parte, la Germania (nel periodo in cui ce ne sono state due, i dati relativi alla Germania Occidentale) ha ottenuto tre primi posti (1954, 1974, 1990), andando altre tre volte in finale (1982, 1986, 2002); stesso ruolino di marcia agli Europei (11 partecipazioni): tre volte è arrivata prima (1972, 1980, 1996) e altrettante seconda (1992, 1976, 2008). Dodici finali in 28 partecipazioni complessive, per una media di una finale ogni 2,3 (e una vittoria ogni 4,6) tornei. Solo una volta, su 28 iscrizioni a competizioni internazionali, la Germania ha fallito la qualificazione alla fase finale: gli Europei del '68 (vinti dall'Italia).

Facciamo un paragone con l'Italia, che dovrebbe essere felice (secondo Zucconi) del fatto che non può essere più raggiunta a quattro stelle. Abbiamo partecipato a 18 edizioni dei mondiali, fallendo una volta la qualificazione alla fse finale e vincendoli 4 volte su 6 finali complessive; agli Europei ci siamo iscritti 12 volte, qualificandoci sette volte, giocando due finali e vincendone una. Riassumendo, su 30 tornei siamo stati 8 volte in finale (una volta ogni 3,75 partecipazioni) e 5 vincitori (una volta ogni 6 partecipazioni). Abbiamo numeri di tutto rispetto, ma la Germania non è affatto da meno; anzi, dimostra una regolarità impressionante, frutto di cultura e tradizione calcistiche eccellenti.

La mia opinione è che dobbiamo rispettarci a vicenda; dal nostro punto di vista, credo che anziché perderci in stupide scaramucce su chi ha vinto di più (che davanti al pc possono provocare la caduta di stile di un giornalista, in un bar di Hannover ci può scappare anche il morto) o impennate d'orgoglio fini a sé stesse, sarebbe assai più utile e saggio imparare da una nazione che sta lavorando bene (ho già avuto modo di argomentarlo) e che può essere un modello (certamente non l'unico) da imitare.


Nei primi giorni del mondiale sudafricano, ho “bacchettato” (sul mio Diario posso permettermi questo e altro) la stampa tedesca, per l'atteggiamento ostile e prevenuto nei confronti del nostro calcio e della nostra nazionale; adesso, volendo tornare ad un'analisi del calcio nel nostro paese, parliamo dei media italiani.

Rispetto a quanto detto della Federazione e dei club, si tratta di un discorso a parte, perché non so quanta influenza possano esercitare sulla salute del nostro calcio il livello dell'informazione sportiva e la copertura televisiva degli eventi. Di sicuro influiscono sul nostro modo di percepire il calcio e sul livello di godibilità di una grande manifestazione come i mondiali.

Comincio col dire che mi è piaciuto l'orgoglio mostrato dalle nostre testate alla vigilia del nostro esordio, contro il Paraguay. Era giusto ribadire che eravamo (e siamo ancora) i campioni e chiedere il rispetto preventivo. Purtroppo abbiamo dimostrato presto di non essere all'altezza della nostra fama e del nsotro titolo.

Calciatori e allenatori, da noi, si lamentano costantemente della pressione esercitata dai media italiani sulle loro persone e sul pubblico. Avendo avuto modo, durante queste settimane, di sfogliare tabloid inglesi e tedeschi, posso affermare con una certa convizione che i nostri giornali e periodici sono assai più cauti nel formulare giudizi e nel chiedere la testa di tizio o di caio. A volte, nel nsotro mondo del calcio, c'è troppa paura di dire ciò che si pensa, di riempire le interviste con dei contenuti, piuttosto che con frasi fatte; che lo facciano i calciatori è fastidioso, che lo faccia Abete è inaccettabile.

Quanto alla copertura televisiva, affermo senza mezze misure che il servizio erogato dalla RAI è vergognoso. Anni fa avevamo ben due network che trasmettevano, in chiaro, tutte le partite dei mondiali: RAI e TMC; la squadra di telecronisti della tv di stato per Italia '90, oltre al “monumento” Pizzul, annoverava colleghi seri ed eseperti come giorgio Martino (che commentò la finalina) e Nando Martellini (pagato a gettone, credo, perché era in pensione), oltre a nomi emergenti come Nesti e Cerqueti (il migliore fra quelli ancora in RAI). Mi pare di ricordare che la seconda voce fosse (Mazzola esordì proprio durante la partita inaugurale) riservata alle partite più importanti e che fosse molto più discreta nelle proprie incursioni.

A partire dal 2006 la RAI non trasmette neppure la metà degli incontri (TMC è un ricordo); pensionato Pizzul, il telecronista di punta è diventato Marco Civoli, che commenta le partite più importanti, quelle dell'Italia e molte di quelle di Champions League, da quando ne ha acquistato i diritti la RAI. Al bravissimo Bizzotto hanno dato l'Under 21 e, per ragioni di competenza culturale e linguistica, le partite della Germania. Cerqueti continua a difendere la sua posizione in seconda fila (ma meirterebbe di sostituire Civoli). Alla RAI si sono visti arrivare anche Massimo Caputi, ottimospeaker di TMC, cui hanno però rinunciato, quanto meno come telecronista; mi risulta che si sia messo a organizzare e pubblicizzare eventi, che guadagni soldi a palate e che sia contento così. Buon per lui, male per noi.

Attraverso gli attuali mezzi di trasmissione dei segnali audiovisivi, è tecnicamente possibile vedere la tv italiana anche all'estero. Non tutti sanno, tuttavia, che la RAI non dedica molte attenzioni agli italiani che, per fame o per amore, si trovano ai quattro angoli del globo. La nostra tv pubblica infatti paga i diritti per trasmettere gli eventi sportivi (e non solo: anche per moltissimi film) solo sul territorio italiano; a pochi minuti dall'inizio delle partite, chi si trova di fronte alla tv collegata a una parabola, vede rabbuiarsi lo schermo; l'oscuramento comprende anche le trasmissioni di approfondimento, di cui dunque (non avendone visto un solo minuto) non esprimo alcun giudizio.

Circa un anno fa la RAI ha inaugurato anche un ottimo sito web, che trasmette la diretta di tutti i suoi canali, oltre ad un'ampia selezione di podcast; inutile dire che le dirette degli eventi sono visibili soltanto dal territorio italiano.

Per fortuna la tv pubblica tedesca, che ha comprato i diritti anche per l'estero, trasmette tutte le partite in diretta. I due canali di stato (ARD e ZDF) e il principale canale privato (RTL) si sono distribuiti (come quattro anni fa) gli incontri in modo equo, coprendo l'intero arco della manifestazione; ci sono programmi di approfondimento e il livello d egli ospiti fissi è piuttosto buono; per fare qualche nome: Guenter Netzer, Mehmet Scholl, Juergen Klinsmann, Oliver Kahn.

Quando ero in Italia, non avendo l'abbonamento a Sky e non potendo andare sempre al FIFA Fan Fest di Piazza di Siena (ottima iniziativa), sono ricorso allo streaming su internet.

Mi è capitato di seguire una partita attraverso una fonte che trasmetteva la diretta della BBC: mi ha colpito, in particolare, la totale assenza di pubblicità durante l'intervallo dell'incontro, dedicato integralmente al commento della prima frazione di gioco; in studio, un trittico di ospiti che sfido a superare: Alan Shearer (capitano inglese nel 1998), il «bollito» Gary Lineker (altro aggettivo che gli ha affibbiato Zucconi) e Clarence Seedorf (quattro Champions League vinte con tre squadre differenti e un invidiabile bagaglio di lingue straniere da fare invidia a chiunque).

Sarà contento, Valerio Mammone, della vittoria della Spagna. I tedeschi hanno proprio ragione: l'Italia è un paese di mammoni (e di zucconi).

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