mercoledì 7 luglio 2010

Alles ist vorbei

Francoforte sul Meno, mercoledì 7 luglio 2010

Ore 23.30

Aveva detto bene, Löw: la Spagna va attaccata. Il problema è che i tedeschi, stasera, non ci sono riusciti. Una Spagna tatticamente perfetta, la migliore vista in questo mondiale, è riuscita nella non facile impresa di fermare la lanciatissima Germania, reduce dalle goleade contro Inghilterra e Argentina. Lo ha fatto spegnendo le fonti del gioco tedesco Özil e Schweinsteiger, che non sono mai riusciti a innescare Klose; lo ha fatto imponendo a centrocampo il proprio ritmo lento e cadenzato, rotto da qualche verticalizzazione improvvisa di Xavi, Iniesta e Xabi Alonso; lo ha fatto dominando sulle palle aeree, in difesa come in attacco: non è un caso che il gol-vittoria sia arrivato proprio su colpo di testa.

Ha di che rammaricarsi, Löw: la Germania di stasera era una squadra contratta, con un vigore atletico non paragonabile a quello mostrato nelle partite precedenti; i meriti degli spagnoli non sono pochi, ma è probabile che i tedeschi abbiano anche pagato un complesso di inferiorità che risale alla finale del 2008. In realtà si arrivava a questa semifinale attraverso percorsi totalmente differenti: la Spagna attuale è una squadra pragmatica, che attacca di meno (con Villa ma senza Torres, del resto in condizioni precarie) ma difende meglio, segna poco ma non subisce niente (arrivano in finale dopo tre 1 – 0 consecutivi).

A giudicare dal gioco espresso fino ai quarti di finale, la favorita era proprio la Germania, cosa che non si sarebbe detta due anni fa. In due anni la Germania, giusto mix di continuità (Schweinsteiger, Klose, Podolski) e rinnovamento (Özil, Müller, Neuer), è cresciuta moltissimo; la Spagna, già al massimo, doveva semmai confermare il proprio valore. I tedeschi hanno mostrato un gioco brillante da subito, ma hanno davvero impressionato a partire dagli ottavi; gli spagnoli sono partiti col piede sbagliato e hanno recuperato terreno senza mai strafare, limitandosi a produrre il minimo indispensabile; aiutati un po' dalla fortuna, un po' dall'arbitro (contro il Portogallo) e un po' da Villa, sono arrivati alla semifinale quasi a fari spenti.

Non ostante queste premesse, era la Germania a sentirsi sotto esame, e la cosa le ha appesantito le gambe; l'assenza di Müller si è sentita più del dovuto (e più di quel che mi aspettavo), la manovra è stata assai meno fluida e la smania di sbloccare il risultato, più che far aumentare la pressione, ha concesso spazi alla Spagna. La quale, a ben vedere, ha avuto le occasioni più ghiotte, sia prima che dopo la rete di Puyo; l'errore di Pedro, nel finale, sarebbe stato imperdonabile se ai tedeschi fosse riuscito di pareggiare durante uno degli ultimi (velleitari) assalti. Nel secondo tempo Löw, che si era abituato a condurre il gioco e difendere il vantaggio (nei due incontri precedenti i tedeschi avevano sbloccato il risultato dopo pochi minuti), ha dato segnali di impazienza: così interpreto la sostituzione di Boateng (monumentale, in difesa) con Jansen, più incisivo (sulla carta) in proiezione offensiva. Del Bosque, al contrario, ha lasciato che i suoi giocassero il loro calcio, senza forzare o alzare i ritmi (cosa che avrebbe potuto risvegliare gli avversari), fiducioso che qualcosa, prima o poi, sarebbe successo. Era accaduto, sempre durante la ripresa, nelle due partite precedenti: perché la semifinale avrebbe dovuto fare eccezione?

Si dice che i campioni, di qualunque sport si tratti, hanno la capacità di dare il meglio di sé stessi nei momenti importanti, che sono anche i più difficili: è significativo che la Spagna abbia giocato il proprio calcio migliore stasera, conservando magari qualcosa anche per domenica.

Non vorrei sembrare ingeneroso o eccessivo: stasera si è giocata una semifinale mondiale fra due grandi squadre e le differenze di cui ho parlato hanno l'aspetto di piccoli dettagli. Dettagli come un colpo di testa su calcio d'angolo. Va però detto che la differenza fra le due squadre, ancorché non eclatante, si è vista durante l'intero arco della partita.

Ad ogni modo, alla Germania si deve rendere onore. I tedeschi possono guardare al prossimo futuro con rinnovato ottimismo, perché l'ossatura della nazionale è ottima e ancora giovane: molti dei giocatori chiave saranno ancora buoni fra quattro anni, altri saranno cresciuti e c'è da giurare che nuovi talenti si faranno strada. Löw, raccogliendo l'eredità di Klinsmann, ha dato avvio a un ciclo lungo e promettente.

Una sola cosa mi sentirei di far notare al tecnico tedesco; una cosa che dico con un pizzico d'orgoglio nazionale, quel poco che gli Azzurri mi permettono di conservare: caro Joachim, hai perso per un colpo di testa; hai perso per una piccola disattenzione della difesa, una sbavatura, una pennellata di troppo, una nota stonata in una partitura perfetta. Quella sbavatura di cui la difesa italiana, durante la semifinale del 2006, non si è macchiata; per fortuna, per cultura ma anche per la classe che seppero dimostrare i calciatori azzurri preposti alla difesa della propria porta. In quell'occasione la Germania si sentì defraudata e ancora pochi giorni fa Löw manifestava il proprio disprezzo per il gioco difensivo degli azzurri (che proprio grazie alla difesa hanno vinto il mondiale 2006). Farei notare che le uniche due squadre ad aver fermato le furie rosse spagnole, nella fase finale di Euro 2008 e in quella di questo mondiale, sono state due nazionali dal solito impianto difensivo: l'Italia, che due anni fa portò la sfida dei quarti di finale ai rigori; la Svizzera, che quest'anno ha vinto grazie a difesa e contropiede.

Quattro anni fa Fabio Cannavaro fu il terzo difensore nella storia ad aggiudicarsi il Pallone d'Oro (su Cannavaro ci sarebbe molto da dire): i primi due erano stati “Kaiser” Franz Beckembauer e Matthias Sammer, connazionali di Löw. Qualcosa, qualche piccola cosa, possono insegnarla anche l'Italia e il proprio stesso passato.

Sabato prossimo, mentre io sarò ad Anversa a godermi amici, mare e birra, due squadre si contenderanno la finale dei poveri:

l'Uruguay, col rientrante Suarez;

la Germania, col rientrante Müller.

Due giovani che, il loro mondiale, lo hanno già vinto.

Spagna – Germania 1 – 0 [Puyol]

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