sabato 3 luglio 2010

Diego Armando scontento

Francoforte sul Meno, sabato 3 luglio 2010

Ore 23.37

Dopo la prima fase della competizione e ancora dopo gli ottavi di finale si era detto che era un mondiale con una forte impronta sudamericana; su cinque squadre partecipanti, ben cinque si erano qualificate al secondo turno, di cui due (Argentina e Brasile) a punteggio pieno e con legittime speranze di conquistare il titolo; ancora più incoraggianti erano stati gli ottavi: l'unica eliminata, il Cile, aveva perso per mano del Brasile, in un inevitabile scontro fratricida; i brasiliani, usciti vincitori, avevano mostrato un crescente stato di forma e sembravano già destinati a raggiungere la finale; meno limpida era stata la vittoria dell'Argentina, ma comunque netta e incoraggiante.

I quarti di finale si sono abbattuti sul Sud America come uno tsunami, da cui esce miracolosamente indenne il solo Uruguay, qualificatosi nel modo rocambolesco che sappiamo.

Checché ne dica Maradona, si può essere d'accordo con i media: la Germania ha “asfaltato” l'Argentina; questo vezzo linguistico del giornalismo sportivo attuale è una metafora che rende perfettamente conto di un incontro in cui una squadra ha mostrato una netta superiorità sull'altra, annullandone da subito difesa e attacco. Dal primo minuto i tedeschi hanno macinato il proprio gioco: impeccabili in difesa, abili a rubare palloni a centrocampo e ripartire, formidabili nelle verticalizzazioni e precisi nei passaggi. Maradona, che a fine partita ha avuto modo di litigare con qualche tifoso, ha detto che alla Germania le idee sono venute solo in seguito al gol di Müller; peccato che l'episodio sia avvenuto al 3° minuto di gioco, il che vale a dire che la Germania ha avuto idee, e “che” idee, per 87 minuti più recupero. A proposito di recupero: si sarà notato che l'arbitro Irmatov ha non ha dato che un minuto, nel secondo tempo; non conosco la regola in campo internazionale, ma in Italia, con cinque sostituzioni, bisogna dare almeno due minuti e mezzo; l'intenzione, evidentemente, è stata quella di non prolungare ulteriormente una partita già abbondantemente finita; risparmiare agli argentini qualche minuto di agonia e ai tedeschi il remoto rischio di farsi male o incappare in qualche inutile cartellino giallo; ovviamente, nessuno sulle due panchine ha avuto la sfacciataggine di protestare.

Comunque vada a finire, quella di Thomas Müller è una favola: un anno fa giocava nella terza serie tedesca; oggi è campione nazionale, vice campione d'Europa (in finale, contro l'Inter, ha avuto anche la palla del pareggio) e in piena corsa, oltre che per la vittoria mondiale, anche per il titolo di capocannoniere della competizione; gioca da veterano, è freddo sottoporta e bravissimo negli assist; la palla servita a Podolski, in occasione del raddoppio di Klose, è un pezzo di autentica bravura.

Per una curiosa casualità, Müller ha esordito in nazionale proprio contro l'Argentina di Maradona, nel marzo di quest'anno; per un curioso gioco di nomi (lui che porta cognome e numero del grande Gerd, capocannoniere nel '70 e campione del mondo nel '74), lui che ha reso Maradona profondamente triste («Mai così giù in vita mia»), ha un compagno di squadra, di poco più giovane, che si chiama Diego Armando (in onore del ct argentino) Contento. Müller, ammonito, salterà la semifinale contro la Spagna: rientrerà in una delle due finali e questo mondiale, comunque vada a finire, lo ricorderà come una favola.

Che l'analisi di Maradona sia poco lucida o poco onesta è dimostrato dal fatto che è l'Argentina, dopo lo svantaggio, ad aver cominciato ad abbozzare un gioco offensivo con qualche idea; troppo poco, tuttavia, per una difesa ai limiti della perfezione, tanto da concedere a Neuer un pomeriggio di tranquilla e ordinaria amministrazione. A darsi da fare e a mostrare un po' di ispirazione, nelle file argentine, è stato soprattutto Di Maria. Higuain ha combinato poco e Messi non è mai riuscito a creare pericoli veri: chiude il mondiale a zero gol, senza essere mai stato all'altezza di quanto ci ha mostrato col Barça.

La Germania, al contrario, si è resa pericolosa ogni volta che ha recuperato palla e verticalizzato il gioco: Klose avrebbe potuto già raddoppiare nel primo tempo; ci è riuscito nella ripresa e da quel momento non c'è stata più partita.

La Germania è un collettivo perfetto i cui componenti hanno anche buone doti da solisti; Müller e Podolski agiscono larghissimi sulle fasce, aiutano la difesa (soptattutto Podolski) e impostano il gioco d'attacco. Schweinsteiger acquisisce personalità partita dopo partita: all'inizio sembrava poter sostituire dignitosamente Ballack, oggi sembra la reincarnazione di Lothar Matthäus. Boateng ha recuperato non so quanti palloni a centrocampo, facendo ripartire i suoi compagni. Özil è un concentrato di tecnica e saggezza: il cross che ha messo in condizione Klose di segnare il 4 – 0 è elegante e delicato come i colori delle Fanciulle al pianoforte di Renoir.

Al posto di Löw, non mi preccuperei troppo per l'assenza di Müller in semifinale: la Germania ha dimostrato già contro il Ghana di poter sostituire un attaccante (Klose) squalificato; mi preoccuperei, piuttosto, di mantenere il ritmo e il livello di gioco delle ultime due partite: se ci riesce, ce n'è davvero per pochi.

Maradona, qualche colpa, ce l'ha: la difesa ha delle responsabilità sulle reti tedesche ed è stato delittuoso non dare a Milito almeno una mezz'ora per provare a fare ciò che gli è riuscito bene durante tutta la stagione. Come Müller e Podolski, anche Tevez e Messi sono retrocessi spesso sulla linea dei centrocampisti; mentre i primi, tuttavia, hanno eseguito un dettame tattico preciso (essere i primi a difendere e ripartire), forti di una condizione atletica eccezionale, i secondi hanno agito in maniera più casuale e senza fornire un apporto difensivo: retrocedevano per difficoltà di trovare spazi in attacco, un po' come il Rooney visto in Sudafrica.

Se la Spagna giocherà in semifinale come contro il Paraguay e la Germania come contro l'Argentina, l'esito della partita è scontato: ma il calcio, per fortuna di chi lo segue, non è così prevedibile. Bastano un episodio o un giocatore in giornata storta, vedi il Olanda - Brasile, per uscire dalla competizione.

La Spagna, ad ogni modo, ha faticato non poco per battere il Paraguay; qualche pazzo, in Italia, adesso dirà che il Paraguay si è difeso con onore, dimostrando di essere una squadra di tutto rispetto; dirà che, perciò, si deve rivalutare il mondiale dell'Italia; dimenticando, ovviamente, che neppure la Nuova Zelanda siamo stati in grando di battere.

La Spagna ha imparato a vincere di misura e sembra avere dalla sua una discreta dose di buona sorte: contro il Portogallo Villa ha segnato un gol in fuorigioco; stasera ha messo la palla in rete dopo una doppia carambola contro i legni della porta avversaria. Va detto che l'azione che ha portato al gol, impostata e rifinita da Iniesta, è stata davvero molto bella.

Ma l'eroe spagnolo di stasera è Casillas: se non avesse parato il rigore di Cardozo, non so come sarebbe finita. Il pianto di Cardozo, a fine partita, è fra le cose più belle e genuine di questo mondiale.

Quanto a sorprese, spettacolo ed emozioni, questi quarti di finale non ci hanno certo delusi: due rimonte (Olanda e Uruguay), una goleada-spettacolo (Germania) e una partita in bilico fino all'ultimo, col giallo di due rigori parati (quello di Xabi Alonso dopo la ripetizione) nell'arco di un minuto; di tutto questo dobbiamo ringraziare non solo i vincitori, ma anche e i vinti:

il Brasile, per gli errori di Melo;

il Ghana, per il rigori di Gyan;

l'Argentina, per la tristezza di Diego;

il Paraguay, per le lacrime di Cardozo.

Argentina - Germania 0 - 4 [Müller, Klose, Friedrich, Klose]

Paraguay – Spagna 0 - 1 [Villa]

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